Visita virtuale e storia del Santuario
Il caso di Nostra Signora di Pontelungo ad Albenga (Savona): un’immagine sacra, una chiesa, un luogo vicino alla città ma non nella città, accanto a quel che resta di un imponente ponte medievale interrato, che un tempo scavalcava il fiume Arroscia, fiume sparito, deviato, ormai da secoli, dalla natura e dalle attività umane.
In questa sezione del nostro sito potrai conoscere la nascita, le vicende, il significato profondo per la città di Albenga del santuario della Madonna Pellegrina di Pontelungo, scoprire l’architettura dell’edificio, le pitture che lo caratterizzano, ed infine la storia del santuario e del culto mariano che accompagna questo importante santuario dedicato alla Vergine Santissima.
1637
1722
Nascita dell'ospedale e della Chiesa del Pontelongo
Miracolo della Visitazione
1000
1949
Designazione a Patrona e Protettrice della città di Albenga
1954
Elezione a Santuario della chiesa di Pontelungo
1250
Antico ospizio e cappella Ecclesia S. Maria Pontis Arociae
Inaugurazione della Chiesa




Visita e storia del Santuario
Il Santuario deve il suo nome al Pontelungo, il ponte realizzato in epoca medievale o tardo romana a dieci arcate. Già prima dell'anno mille qua sorgeva un Ospizio, probabilmente in primo ospedale di Albenga, dedicato all'assistenza dei pellegrini e dei malati, con una cappella dedicata a S. Mariare Pontis Arociae, officiata dai monaci benedettini del Monastero dell'Isola Gallinara. Proprio la vicinanza con l'attraversamento romano fece sì che tale cappella assunse l'antica denominazione de Ecclesia Sanctae Mariae Pontis Arosciae (chiesa di Santa Maria in capo al ponte sull'Arroscia). Intorno al 1250 l'ospizio, grazie alle numerose donazioni-lasciti di famiglie nobili e all'opera dei monaci, fu ingrandito e trasformato in un ospedale; nello stesso periodo l'edificio religioso assunse l'attuale denominazione di chiesa di Pontelungo. Nel 1330 entrambe le strutture divennero proprietà della locale diocesi di Albenga e fu nel 1500 che l'ospedale venne definitivamente chiuso. Nel 1502 venne donato da Genova, nelle mani del commendatore Gian Battista Campofregoso, il trittico raffigurante la Madonna col Bambino e i santi Giovanni Battista e Sisto papa del pittore Giovanni Barbagelata. Nel 1715, grazie alla donazione degli abitanti e del municipio albenganese, furono commissionati i lavori per la nuova chiesa che nel 1722 fu completata. In seguito verranno effettuati altre aggiunte e modifiche al coro, al presbiterio e alle cappelle laterali. Dal 1886 sino al 2005 il santuario, divenuto in seguito diocesano, fu gestito dai Frati Minori Francescani che passarono il testimone i n quell'anno ai Frati Francescani dell'Immacolata.


Il miracolo della vergine AD MDCCXXXII
La leggenda saracena trae origine da un vero e documentato fatto storico avvenuto il 2 luglio del 1637. In tale ricorrenza - il 2 luglio vi si celebra la festività della Madonna di Pontelungo - mentre gli abitanti di Albenga erano impegnati nelle celebrazioni religiose, la vicina Ceriale venne assaltata dai pirati saraceni culminante con l'uccisione di trenta persone e il rapimento di quasi trecento persone. Dopo la devastazione di Ceriale i pirati si incamminarono verso Albenga, con l'ovvia intenzione di ripetere il massacro, ma come asserisce la leggenda popolare furono abbagliati da uno strano splendore proveniente dal santuario; i saraceni, spaventati, rinunciarono all'impresa e tornarono alle loro navi.
Nella notte del 2 luglio 1637, quando pirati tunisini e algerini, dopo aver saccheggiato Ceriale, si dirigevano verso Albenga per assalirla, ma “arrivati a poca distanza dalla Chiesa del Ponte–longo, furono sorpresi da un grande chiarore che appariva verso la Città. Credendo che i Cittadini fossero prevenuti ed in attenzione del loro arrivo, ripiegarono addietro a bordo delle loro Galere. Fatto che si vuole attribuire ad una speciale grazia di Maria Vergine vegliante alla difesa degli albenganesi suoi figli, che in particolar modo le si erano dedicati; e per il quale si dice, che abbiano preso a solennizzare la festa della Santissima Visitazione, che appunto corre in detto giorno due di Luglio.


Il santuario del 1722
La nascente chiesa prevedeva lo schema generale, l’impianto, i motivi stilistici e le tecniche costruttive dell'epoca in riferimento, e rivelano notevoli similitudini con quelli delle altre chiese costruite dai Marvaldi, in particolare da Giacomo Filippo Marvaldi, sicuramente attivo tra il 1700 e il 1729, che possiamo individuare come architetto della nuova fabbrica. Il confronto temporale lo conferma, permettendo di escludere ragionevolmente altri nomi e altre ipotesi.
Il santuario fu realizzato a pianta ellittica, con due cappelle laterali; il corpo principale fu coperto da una cupola ellissoidale a costoloni. Riguardo la cronologia dell’edificio possiamo documentare la costruzione del portico antistante il santuario nel 1737, il 1792 è l'anno della edificazione del campanile e della sagrestia con l’arretramento del presbiterio, per la creazione di un’abside semicircolare. I lavori comportarono, nel 1796, la sostituzione dell’altare originale con altro in marmo, dello scultore Andrea Casaregi, che lo realizzò nello studio del suo maestro Pasquale Bocciardo; con quest’opera di squisita fattura il Casaregi abbandona il virtuosismo barocco del maestro per il nuovo linguaggio neoclassico. La cronologia prosegue grazie ai francescani che istituiscono un convento e il coro (1886), le cappelle laterali di San Francesco a sinistra e Sant'Antonio a destra (1932), impreziosito con le relative vetrate opera del Prof. Siletti (1934).






Il Trittico della Madonna di Pontelungo
L’opera pittorica più interessante del santuario, nato per proteggerla, è certamente il Trittico della Madonna di Pontelungo, del pittore genovese Giovanni di Barbagelata, tempera su tavola di cm 178 x 170. Il trittico fu commissionato nel 1502, per la cappella dell’ospizio che sorgeva vicino al ponte, dal canonico Giovanni Battista da Campofregoso; il dipinto riprende l’iconografia di una precedente immagine affrescata nello stesso sito.
Il Barbagelata, documentato tra il 1484 e il 1502, operò a Genova, in altri centri liguri e in Corsica. Nell’opera in esame, appartenente alla maturità dell’artista, il pittore ammorbidisce le forme e amplia il respiro compositivo, evoluzione che viene collegata alla sua collaborazione con Lorenzo Fasolo e Ludovico Brea, a loro volta influenzati dalla pittura del Foppa.
Determina lo spazio una loggia dorata d’architettura leggera aperta su un arioso paesaggio, sotto un cielo luminoso; la cornice (non originale) riprende l’architettura della loggia. Al centro, su una predella, sta la Madonna in trono, col Bambino sulle ginocchia, assistita da due angeli. Il Bambino indossa una corta camiciola che lo lascia seminudo, ha le braccia aperte e con la manina destra sembra sfiorare la mano della Madre, che sostiene un melograno, simbolo delle grazie che dispensa ai fedeli mentre con la sinistra trattiene un uccellino. Gli occhi della Madre e del Figlio sono soffusi di malinconia, presaghi del destino che attende il Salvatore. Ai piedi della Santissima Vergine il ponte longo. Ai lati sono presenti gli antichi protettori della Liguria: alla destra della Madonna, San Giovanni Battista con un ampio mantello, raffigurato più come protettore che precursore.
Alla sinistra possiamo identificare in s. Sisto II, pontefice del III secolo, l’effigiato, in veste bianca e con manto damascato con aureola dorata decorata a bulino. La figura di San Sisto rappresenta la diffusione del culto di questo santo a Milano e lo stretto legame delle diocesi di Albenga e Genova con la città lombarda, di cui erano suffraganee fino al XII secolo; s. Giovanni Battista, nel ruolo di protettore, sta a significare il legame con Genova.
Le figure sono rappresentate con forme semplici ed eleganti, di nobile monumentalità; i colori sono chiari, le ombre tenui. L’artista ha utilizzato materiali preziosi, oro a sfoglia, lamine argentate, lapislazzuli per il manto della Vergine. Il trittico è situato nel tempesto dell'altare maggiore, eretto nel 1796 dal genovese Andrea Casaregis, a quattro colonne, due tonde e due quadrate, sormontate da frontone triangolare; ai piedi delle colonne 2 angeli dello scultore Giovanni Barabino, all'esterno due putti di scuola michelangiolesca, avanzata per ragioni liturgiche la mensa in blocco di marmo scolpito dal Casaregis.E' bene ricordare un'importante opera artistica presente nel santuario: il trittico raffigurante la Vergine Maria. Il trittico è un "paliotto d'altare" costituito da tre scomparti, realizzato in tempera su tavola. Nel pannello centrale del Trittico, la Vergine Patrona della città siede sul trono posto sul "Pontelungo" tenendo il Bambino Gesù sul ginocchio sinistro, mentre due angeli, in atteggiamento di preghiera, fanno corona alle spalle. Negli scomparti laterali sono raffigurati, a destra dell'osservatore, San Giovanni Battista e, a sinistra, il papa e martire San Sisto.
Il Trittico è un inno di riconoscenza e di adorazione verso la Santissima Trinità che, per mezzo della Santa Vergine Maria, ha realizzato il mistero di amore per la redenzione degli uomini e per la loro adozione a figli di Dio; è un messaggio di misericordia e di accoglienza, poiché offre al visitatore un sicuro e confidente rifugio tra le braccia della più tenera delle madri, la Santissima Vergine Maria che, insieme al Figlio Gesù, sembra invitare tutti a chiedere doni e grazie. Maria è preludio dell'avvento di Cristo, è speranza di salvezza per il mondo intero, è Colei che dissipa l'oscura notte dei tempi. E' questo il messaggio che l'artista sembra suggerirci, pennellando sullo sfondo quel tenue chiarore boreale, alle spalle delle figure, che infonde speranza in un mondo avvolto dalle tenebre.






La volta dell'Assunta
Al centro della cupola centrale è presente la grande tela ovale che raffigura l'Assunzione della Vergine, olio su tela di autore ignoto, 500 x 220 cm, che campeggia al centro della volta, opera poco nota, spesso fraintesa per l’annerimento generale e i danni subiti; il restauro, con l’eliminazione di pesanti mascherature apposte in epoca napoleonica per coprire stemmi nobiliari e iscrizioni riferibili al vecchio regime, ha permesso di chiarire che fu fatta proprio per la chiesa e che fu donata nel 1722 dal marchese Ottaviano Del Carretto di Balestrino e collocata in occasione in predetto anno di inaugurazione. Le lesene che partono dal pavimento abbracciano l'ovale della Madonna che sale al cielo sotto gli sguardi, nei quattro tondi, di San Giuseppe, San Michele, San Benedetto Revelli di Taggia e del Re Davide.


San Martino di Tours
Il quadro, restaurato e ben custodito, olio su tela (1840) di Leonardo Massabò, si trova nella cappella laterale sinistra e fu voluto dal Vescovo di Albenga, Mons. Raffaele Biale. Il dipinto raffigura San Martino, Vescovo di Tours, «colto nell’atto di benedire la città di Albenga e la Riviera dall’isola Gallinara». Un’opera storica che testimonia la presenza del santo sull’isola al largo di Albenga. Alle spalle del santo è inginocchiato il vescovo di Albenga Raffaele Biale, e in basso sulla destra sono abbandonate delle armi su un mantello. Prima di diventare sacerdote e fondare un monastero, Martino era un soldato, arruolato nell’esercito dall’età di quindici anni. L'intervento di restauro ha permesso di riscoprire un'opera ottocentesca di buona fattura, curata nei dettagli e importante per documentare una pagina di storia degli Ingauni, legata al monastero dell'isola Gallinara. I colori liberati dalle impurità sedimentatesi nel tempo riacquistarono vivacità e lucentezza, restituendo la godibilità di alcuni particolari curiosi, come il risvolto rosso dell'ampio mantello, che avvolge la figura centrale, che esalta il candore della barba, della veste e del copricapo del Santo. Il Massabò, infatti, immaginò il grande apostolo delle Gallie, ritornato a benedire la terra ospitale quando, già Vescovo, era al sommo del suo apostolato; agli artisti sono permessi certi anacronismi, vero è che il giovane Martino, non ancora vescovo, si rifugiò sull'isola nel 359, quando fuggì da Milano per sottrarsi alla persecuzione scatenata dagli Ariani. Sul lato sinistro è offerta una veduta aerea del litorale ligure, raffigurata in modo puntuale e realistico. Al centro, in primo piano, si staglia la piana ingauna su cui è dipinta la città d'Albenga con le sue caratteristiche torri e fortificazioni. Un lungo tratto di mare segue la costa frastagliata segnando l'insenatura di Loano e Finale Ligure, con i promontori della Caprazoppa e di Capo Noli; nella parte superiore fa da sfondo il degradare della cerchia dei monti verso mezzogiorno. La tradizione indica ancora oggi la grotta verso il mare sull'irta scogliera a sud-est dove egli dimorò.


Predicazione San Giovanni Battista
Anche per la Predicazione di S. Giovanni Battista, olio su tela, 230 x 160 cm, il restauro ha rivelato la firma dell’autore, Francesco Cogorno, pittore genovese e la data, 1849. Soffermandoci sulla composizione pittorica, si nota come S. Giovanni è offerto alla visione nella tipica posizione del predicatore, col braccio destro levato e l'indice rivolto al cielo. La mano sinistra viceversa impugna un'asta alla cui sommità è vincolato uno svolazzante vessillo recante la scritta "Ecce agnus Dei". L'abbigliamento del profeta è esibito in modo classico, composto di una tunica di pelle e da un rosso manto che raggiunge il suolo; ai suoi piedi sta accovacciato un agnellino, elemento canonico dell'iconografia del Battista. La visione d'insieme si sfalda nell'eccessiva presenza dei personaggi, molti dei quali ritratti con tipologia ben definita. Le figure in primo piano sono tratte a colori piuttosto vivaci, mentre il gruppo sullo sfondo a chiare tinte. Il cielo e l'orizzonte sfumano nel trionfo del tramonto, illuminando di poesia il panorama. L'osservatore è rapito dalla bellezza dell'insieme, ma è anche attratto dalla dovizia dei particolari, caratteristica che tradisce la passione del pittore per la miniatura
Cappella di Santo Antonio di Padova
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Statua lignea di San Giuseppe
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Statua della Madonna pellegrina Nostra Signora di Pontelungo
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